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Il mercato del tartufo italiano si sta giocando il futuro

DiRedazione

Mar 28, 2017

Il tartufo e i prodotti a base di tartufo sono simboli dell’Italia nel mondo, tuttavia, nell’ultimo decennio i dati di commercio internazionale stanno evidenziando una crisi strutturale del settore. Le inefficienti normative che regolano la raccolta,
commercializzazione e fiscalità del tartufo lungo la filiera sono il vero problema del settore, poiché rappresentano un freno alla competitività con le produzioni spagnole, francesi e dell’Est Europa, che stanno invece crescendo a ritmi preoccupanti.

Nonostante i 150 milioni di fatturato del 2015, le aziende dedite alla commercializzazione e trasformazione del tartufo sono, oggi, i soggetti più penalizzati dalle norme del settore e versano, ormai da anni, in una grave crisi accentuatasi ulteriormente dal primo gennaio 2017, primo giorno di applicazione della cosiddetta Legge Europea. La nuova normativa fiscale, entrata in vigore nel 2017, risulta difficilmente applicabile al settore del tartufo, in quanto rende quasi del tutto impossibile l’acquisto della materia prima italiana corredata dai relativi documenti fiscali e di tracciabilità sanitaria.

A causa della paralisi del settore, alcune aziende italiane si stanno già ora trasferendo in Paesi europei più competitivi, sia dal punto di vista legislativo che sul piano della produzione di materia prima, con conseguente perdita occupazionale in Italia e relativo trasferimento di know-how (le sapienti conoscenze accumulate in decenni di tradizione produttiva).

Il 12 gennaio 2016 il MIPAAF ha istituito il tavolo di Filiera Nazionale del Tartufo coordinato dal Dott. Alberto Manzo che sta cercando di definire una linea comune con tutti gli attori della filiera quali le associazioni di tartufai (raccoglitori di tartufo), le associazioni di tartuficoltori (coltivatori di tartufo), le associazioni delle aziende di commercializzazione e trasformazione del tartufo, le associazioni di valorizzazione turistici-territoriale del tartufo, i vivaisti, gli esperti del settore, gli enti di controllo, le regioni ed il mondo accademico e della ricerca.

Dopo oltre un anno di intenso lavoro, si è giunti all’elaborazione di un piano di settore, centrando (al di là di alcuni aspetti marginali ancora da limare) il difficile compito di raggiungere un equilibrio tra i contrastanti interessi in gioco; il nucleo dell’accordo consiste in una defiscalizzazione della materia prima coordinata con un sistema di tracciabilità a garanzia del prodotto nazionale. Dopo 30 anni di proposte e continue modifiche di normative regionali, il piano presentato il 3 marzo 2017 presso l’Università di Bologna sembra, finalmente, aver trovato la quadra tra le parti che, a questo punto, confidano in una rapida e definitiva approvazione del piano stesso, che permetterebbe di passare velocemente alla scrittura di una legge quadro per la filiera del tartufo coordinata con le norme europee e in grado di modificare altre normative nazionali legate al settore, come alcune leggi sia fiscali che relative alla vivaistica e al settore alimentare.

 

I partecipanti alla presentazione del piano di filiera a Bologna hanno valutato, pressoché in modo unanime, molto positivamente le proposte illustrate che appaiono ad oggi l’unica soluzione rimasta possibile, dopo le ripetute proposte di parte naufragate in parlamento negli ultimi anni.

 

Le aziende di trasformazione e commercializzazione, come tartufai e tartuficoltori, si augurano pertanto che non ci saranno ulteriori interferenze o nuove proposte di legge che, rallentando l’iter di approvazione del Piano e la conseguente scrittura di una norma quadro, risulterebbero responsabili di gravissimi danni per l’economia dell’intero settore.

 

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