Un vino contemporaneo e moderno, con una stilistica ben definita e un asse centrale attorno al quale ruotano in maniera equipollente eleganza, equilibrio, intensità.
Soave, dunque, come vino sinfonico per eccellenza dove, come nella musica, la melodia è il risultato perfetto ed armonico delle varie componenti orchestrali.
Un vino che oggi ha tutte le carte in regola per intercettare il gusto del consumatore contemporaneo, italiano ed internazionale, che tende a prediligere vini bianchi sapidi, freschi e dal moderato contenuto alcolico.
Questa l’istantanea che riprende le differenti interpretazioni del Soave, presentate da oltre 40 aziende nell’ambito di Appuntamento Soave, l’evento curato dal Consorzio di Tutela del Soave in collaborazione con la Strada del Vino Soave e andato in scena lunedì 9 settembre al Circolo Ufficiali di Verona su una delle terrazze più belle della città.
L’ampia presenza di ristoratori, di operatori di settore, di stampa specializzata e a seguire di appassionati, ha testimoniato la bontà del format di una sola giornata, con attività suddivise per target così da assicurare ai partecipanti la possibilità di lavorare e di approfondire la conoscenza del Soave e della sua zona di produzione in base a competenza e formazione.
Successo per il seminario formativo della mattina, “Il Soave, dalla freschezza alla longevità” curato da AIS, con una approfondita lezione sul Soave, tenuta dal sommelier Michele Manca, e fortemente voluto dal Consorzio del Soave, nella convinzione che aggiornamento e formazione siano essenziali per essere dei buoni conoscitori del vino Soave, in grado così di divulgare il patrimonio che sta dietro ogni singolo calice.
Sold out per la successiva masterclass “Soave Seven, dalla freschezza alla longevità” guidata da Filippo Bartolotta e rivolta ai ristoratori, agli operatori e alla stampa specializzata con l’obbiettivo di raccontare le differenti anime del Soave in una sorta di viaggio trasversale prima da ovest, suolo calcareo, ad est, suolo vulcanico, e poi dalle annate più fresche fino a quelle più evolute, a dimostrazione di come il Soave sia un vino dotato di una forte capacità di evoluzione nel tempo.
Ampia presenza di pubblico poi per il talk show guidato da Luciano Ferraro, vicedirettore del Corriere della Sera, dal titolo “Identità Soave, tra paesaggio, freschezza e longevità” che ha visto la partecipazione di Andrea Lonardi, Master of Wine, Maurizio Ugliano – Università di Verona, Lorenzo Pasquini – Directeur d’Exploitation – Estate Manager at Château d’Yquem, Clelia Maria Puzzo, FAO, Mons. Bruno Fasani, Prefetto della Biblioteca Capitolare di Verona.
Pubblico numeroso e qualificato, a seguire, per il banco d’assaggio che si è tenuto sulla terrazza del Circolo Ufficiali di Verona, con 42 aziende del Soave che hanno messo in degustazione le interpretazioni di Soave più rappresentative della propria filosofia produttiva.
«Siamo molto soddisfatti per l’esito di questa iniziativa – evidenzia Cristian Ridolfi, presidente del Consorzio del Soave – che riporta il Soave nel cuore storico di Verona e che ha visto una partecipazione ampia e trasversale, dai ristoratori ai sommelier fino al pubblico degli eno-appassionati. Oltre al buon esito di questo evento va registrato in aggiunta un altro elemento dalla forte valenza strategica: siamo di fronte ad una vera e propria iniezione di fiducia da parte della base sociale che, con ben 42 aziende presenti, di fatto promuove su tutta la linea le politiche di gestione della denominazione poste in essere dal Consorzio negli ultimi due anni e mezzo, alla luce degli attuali trend di mercato. Un tema questo che è stato ampiamente affrontato anche nel corso del talk show».
Una tavola rotonda di forte impatto dove si sono raccolti spunti preziosi. «È stata un’occasione di riflessione e di crescita per le aziende poter ascoltare testimonianze così di valore – conclude Ridolfi – . Il mondo del vino è un mosaico di sfumature, un caleidoscopio di aromi e sapori che riflettono il terroir, il clima e la mano dell’uomo. In questo affascinante universo è stato interessante immaginare una comparazione del Soave con Château d’Yquem. Se da una parte abbiamo il Sémillon, ecco che dall’altra parte compare l’autoctona Garganega, un vitigno a maturazione tardiva che rende la zona del Soave una di quelle in Italia in cui la vendemmia si chiude ancora oggi, nonostante l’inesorabile cambiamento climatico, ad ottobre inoltrato. Se per il Sauternes abbiamo l’inimitabile azione della muffa nobile (Botrytis cinerea), ecco che anche per il comprensorio del Soave, ed in particolare per la Garganega declinata nella tipologia Recioto, durante la fase di appassimento, sovente si sviluppa la forma larvata della stessa Botrytis cinerea che stimola la produzione di aromi che vanno a creare quella complessità e quel parallelismo che fanno anche del Recioto di Soave un vino dolce inimitabile».
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Il Talk show “Identità Soave, tra paesaggio, freschezza e longevità”
Notevoli gli spunti emersi durante la tavola rotonda “Identità Soave, tra paesaggio, freschezza e longevità”, moderata da Luciano Ferraro, vicedirettore del Corriere della Sera, dove in sostanza emerge la fotografia del vino Soave quale imminente protagonista del nuovo corso enologico mondiale. Tante le opportunità da cogliere come ha evidenziato Andrea Lonardi, MW, secondo il quale esistono elementi distintivi che rendono questa denominazione interessante nei prossimi anni: «il cambio climatico, la presenza di acqua, una varietà rustica come la Garganega ma anche il Trebbiano di Soave, con uno moderato potenziale alcolico ed una forma di allevamento contemporanea come la pergola, rendono questa denominazione molto più adatta di altre ad affrontare i limiti che la natura sta imponendo a molte aree del nostro paese e non solo; il grande potenziale qualitativo e di terroir di una parte della denominazione. Suoli vulcanici e calcarei possono offrire uno spettro di vini con caratteristiche di mineralità e sapidità che oggi sono alla base di uno stile contemporaneo e di successo (vedi Chablis, Loire ed Albarino Rias Baixas); un potenziale qualitativo migliore del passato ed una longevità che caratterizza solo i migliori territori al mondo;
un territorio che abbina elementi esoterici come il vulcano all’integrità paesaggistica di una buona parte della denominazione, che risulta incontaminata dall’abuso e disordine architettonico che invece caratterizza altri territori viticoli del veronese; il potenziale dell’enoturismo che accomuna le differenti anime della denominazione; un gruppo di piccoli-medi produttori virtuosi che da anni con cura cercano di valorizzare le parti più nobili della denominazione ricercando una distribuzione e comunicazione improntata sulla qualità e sugli elementi del terroir».
Soave, dunque, come vino moderno e contemporaneo, in grado di rispondere agli attuali trend di mercato, grazie alla perfetta combinazione di terroir e vitigno.
«I vini da uve Garganega – ha evidenziato Maurizio Ugliano, professore dell’Università di Verona, si distinguono infatti per un particolare equilibrio tra le principali componenti aromatiche, che portano a far si che nessuna delle classi chimiche responsabili dell’aroma del vino abbia un ruolo dominante nell’aroma percepito… Se da un lato la compilazione di una lista dei marcatori aromatici dei vini Soave appare poco indicata, dall’altro risulta più che legittimo parlare di complessità aromatica del Soave, intesa come un insieme complesso di numerosi composti aromatici tutti attivamente coinvolti nell’espressione aromatica che viene percepita all’assaggio… Emerge quindi un quadro complessivo in cui il Soave si distingue come uno dei vini orchestrali per eccellenza, in cui la melodia di insieme risulta più importante dell’espressione delle sue singole componenti. Tale melodia si modifica nel tempo, mantenendo tuttavia il suo carattere di insieme complesso, con eccellenti opportunità di sviluppare interpretazioni stilistiche legate al luogo di provenienza delle uve».
Al netto di opportunità produttive e di trend di mercato è fuori discussione che l’eccellenza va sempre perseguita e, soprattutto, mantenuta, come ha evidenziato Lorenzo Pasquini, Directeur d’Exploitation di Château d’Yquem, vino-icona a livello mondiale. «I vini che nascono qui sono frutto di un insieme di fattori che convergono in una armonia perfetta. Pensiamo al terroir, ai suoli ghiaiosi e sabbiosi della Sauternes, dove le nebbie mattutine, creano le condizioni ideali per lo sviluppo della botrite cinerea, quel “fungo nobile” che conferisce ai vini la loro caratteristica dolcezza e complessità. Poi c’è l’arte della vinificazione, con la selezione delle uve, la pressatura delicata, la fermentazione lenta e l’affinamento in botti di rovere, tutte operazioni che richiedono una grande maestria. E poi c’è il tempo: i vini di Château d’Yquem hanno la capacità di essere molto espressivi nella loro più tenera giovinezza ma anche di invecchiare per decenni in bottiglia. Il rapporto con il tempo è senza dubbio una delle cose che caratterizza di più il fascino di questi vini perché ad ogni fase si sviluppano aromi e sapori sempre diversi, che rendono ogni sorso un’esperienza unica. Château d’Yquem è molto più di un semplice vino. È un simbolo di storia, di eleganza e di raffinatezza. È un’icona che continua a incantare gli appassionati di vino di tutto il mondo».
Un vino, il Soave, che non può prescindere dal suo territorio e dal suo paesaggio, come ha evidenziato Clelia Maria Puzzo, senior programme specialist alla FAO: «I vigneti tradizionali del Soave sono un sistema agroeconomico che da 200 anni fornisce reddito a più di 3.000 famiglie. Questo sistema ha mantenuto i metodi tradizionali di coltivazione della vite ed è riuscito a distribuire reddito e sicurezza alimentare ai diversi soggetti coinvolti nella filiera produttiva, come produttori di uva, produttori di vino e imbottigliatori, anche nei periodi più difficili. Anche se è caratterizzato da piccole o microaziende, è riuscito a rimanere competitivo grazie alla cooperazione e all’innovazione. L’uva coltivata nel sistema viene utilizzata per produrre uno dei vini italiani più famosi…Il metodo tradizionale di coltivazione della vite, la Pergola Veronese, è un elemento iconico del paesaggio della zona… Ma il Soave non è soltanto un esempio di tradizione e storia. È un modello di sviluppo rurale che, conservando le caratteristiche uniche del paesaggio e delle pratiche tradizionali, è stato capace di innovare e di adattarsi ai tempi attuali, generando risorse per le comunità locali».
Vino, in questo caso il Soave, che oltre ad essere fonte di reddito per famiglie e collante prezioso per l’indotto produttivo, è ancora oggi fonte di cultura. L’ho ribadito don Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca Capitolare di Verona: «oggi la cultura del vino se, da una parte, è diventata una sicura fonte di reddito e di lavoro per tante famiglie, è diventata specularmente una fonte di cultura, non solo in ambito degustativo e culinario, ma prima ancora in quella trama complessa e affascinante che unisce la globalizzazione del gusto con la peculiarità delle diversità locali. Un incontro di popoli, uniti dallo stesso piacere. Soave, con il suo vino unico e inconfondibile, è qui a ricordarcelo. L’etimo topografico, Suavis, da Svavi, cioè le tribù Sveve che arrivarono in queste terre al seguito dei Longobardi, ci dice che qui i barbari ebbero facile gioco a capire la bellezza del luogo e le potenzialità della sua terra che, da secoli, racconta al mondo la bellezza e la bontà delle sue uve e dei suoi vini. Una sorgente di fraternità universale, per chi sa andare oltre le formalità e un simbolo di fratellanza, capace di unire nelle trasparenze del colore di un calice, la forza di umanità che si sprigiona dentro un sorso condiviso».
La denominazione del Soave – 13 comuni dell’Est Veronese appartenenti alla doc, quasi 7000 ettari vitati – produce in media ogni anno 40 milioni di bottiglie. I mercati di riferimento sono principalmente Germania, Gran Bretagna e Nord Europa in genere, seguiti da Giappone e Stati Uniti e Canada. Crescente l’interesse da parte del mercato domestico.
Ufficio stampa Consorzio del Soave