Un vino che già dal nome evoca un legame stretto e forte con la terra da cui proviene.
E’ questo il Cecu d’la biunda Roero Arneis DOCG 2016 diMonchiero Carbone, etichetta che ha portato il Roero Arneis a conquistare per la prima volta il massimo riconoscimento nella guida del Gambero Rosso. “Un segnale importante, che racconta il crescente interesse nei confronti di questo vino da parte della stampa specializzata – afferma il titolare dell’azienda, Francesco Monchiero – un vino che sempre più incontra il favore del consumatore, come dimostra il mercato, in costante ascesa”.
L’Arneis, vitigno autoctono delle colline del Roero, è con il Nebbiolo il vitigno simbolo della sinistra Tanaro. Un vino che rappresenta “il volto bianco del Piemonte”, la cui origine si perde nella notte dei tempi, ma che alla fine degli anni Sessanta era ridotto a pochi filari sparsi tra quelli di Nebbiolo, perché i suoi acini dolcissimi tenevano lontani gli uccelli dalle uve nere, più remunerative. È solo grazie all’intuizione imprenditoriale di alcuni produttori, che hanno voluto valorizzare un bianco di valore in una terra che sembrava destinata solo ai vini rossi, se questo vitigno e il suo territorio d’elezione, hanno riconquistato visibilità e prestigio.
Un vino, l’etichetta premiata con il Tre Bicchieri, che racconta anche un pezzetto di storia familiare di Francesco Monchiero: Cecu d’la Biunda era infatti il soprannome con cui era conosciuto il nonno di Francesco Monchiero, da cui ha ereditato il nome e la passione per questo vitigno. Nonno Francesco, detto “Cecu”, era infatti figlio di Lucia, conosciuta in paese per la splendida chioma bionda naturale, da cui il soprannome “la bionda”. Nonno Francesco era inoltre solito celebrare la domenica con un calice di Arneis, quando tutti usavano brindare con vini rossi e corposi. Quando nonno Francesco scomparve, nel 2004, fu dunque naturale dedicargli questa etichetta, nata da una selezione di uve che esalta le caratteristiche e le potenzialità di questo vitigno.
Le uve da cui nasce il Cecu d’la Biunda provengono infatti dai terreni soffici, e calcarei siti sia sulle colline che attorniano la “Valle di Vezza”, sia su quelle che fanno da contrafforte alle Rocche di Canale: il celebre bricco Renesio, dove si narra che a metà del millennio passato sia nata questa particolare uva bianca, che venne chiamata in un primo momento “Nebbiolo bianco”.
Un vino dai profumi intensi e floreali a tratti può anche ricordare frutti esotici come ananas o frutto della passione, gusto strutturato e con una freschezza piacevole e persistente ottima per abbinarsi molto bene con piatti chi pesce, ma anche carni bianche e sughi di pomodoro, destinato a migliorare negli anni a venire e a raccontare, in ogni calice, una storia di affetto e passione.