Apertura di nuovi mercati, sempre più qualità, sostenibilità ambientale e aggregazione. Questi sono i unnamed (1)temi affrontati dal settore vitivinicolo dell’Alleanza delle cooperative italiane – agroalimentare nel corso della IV Assemblea che si tiene oggi a Roma.

La cooperazione è un modello di glocalismo di successo. Là dove è presente, il sistema cooperativo consente, tramite l’aggregazione di tanti, spesso piccoli e piccolissimi produttori, di portare quelle che sono le eccellenze dei nostri territori in mercati anche molto lontani.

“L’elevata frammentazione della produzione italiana – afferma Ruenza Santandrea coordinatore del settore vitivinicolo dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari – conferisce un ruolo centrale al sistema cooperativo che remunera i soci conferitori, circa 180.000 viticoltori riuniti in cooperativa, con un valore medio più alto rispetto al mercato”.

Con 512 cooperative attive nel settore, 4,3 miliardi di euro di fatturato, di cui 1,8 derivanti da export, il settore vitivinicolo ha tutte le carte in tavola per agganciare i primi segnali di ripresa che arrivano, soprattutto da quei mercati in cui i consumi di vino sono in crescita.

Di tutti i settori agroalimentari, infatti, il vino è sicuramente il comparto cooperativo maggiormente internazionalizzato con il 60% delle cantine che può essere definito esportatore abituale. In alcuni casi, le vendite all’estero rappresentano ben oltre il 50% del fatturato generato dalla cantina, toccando punte del 70-80% in quelle realtà che hanno fatto della vocazione all’export lo strumento principale per affrontare un periodo in cui i mercati più dinamici sono sempre più spesso quelli più lontani.

In questo quadro, diventa fondamentale ciò che stiamo facendo come mondo della rappresentanza cooperativa, per offrire adeguate risposte alle nostre associate e per meglio promuovere e tutelare il comparto ai tavoli di Roma e Bruxelles, dove già si sta parlando di quali potrebbero essere le regole del comparto post 2018, ma soprattutto post 2020.

Su questo – ha concluso Santandrea – occorre che tutto il settore sia consapevole della grande responsabilità verso un utilizzo efficiente delle limitate risorse che l’OCM mette a disposizione del comparto, perché dopo il 2020 le basse capacità di spesa delle risorse stanziate potrebbero essere l’indicatore per effettuare economie nel bilancio agricolo comunitario.

 

Di Redazione

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